AIAF “Il Valore Della Ricerca Nell’investimento: Possibili Scenari Futuri” e Lo Status Di MIFID 2
Prendiamo spunto dalle analisi ed interviste ultime di FocusRisparmio sullo status di MiFID 2 e dall’evento AIAF “Il Valore Della Ricerca Nell’investimento: Possibili Scenari Futuri”
Lo scorso 23 gennaio presso Borsa italiana, ho partecipato all’evento AIAF (con il sostegno di Banca Akros, Equita, Generali Investments, Mediobanca UBI Banca), in cui è stata presentata la NUOVA GUIDA per la stesura della ricerca su titoli equity quotati intitolata IL VALORE DELLA RICERCA NELL’INVESTIMENTO: POSSIBILI SCENARI FUTURI.
Spunti e topics estremamente interessanti, con le istituzioni e con importanti realtà del mondo finanziario, si è delineato il ruolo della figura dell’analista finanziario e le best practice per la stesura di uno studio di supporto a investimenti responsabili e sostenibili.
E’ stata l’occasione, inoltre, per commentare e analizzare criticamente lo status di MiFID 2, a due anni della sua entrata in vigore. Accolta con favore da gran parte del mondo finanziario, nel corso di questi due anni la direttiva è stato oggetto di diverse critiche.
Entro luglio la revisione della MiFID 2: si sta riflettendo a fondo su un nuovo bilanciamento di interessi attraverso un “impact assessment. Sotto la lente, tecnicalità della normativa come costi e diffusione dei dati di mercato, regole di protezione dell’investitore e ricerca sulle piccole e medie società.
In merito allo status della ricerca finanziaria, Alberto Borgia, Presidente AIAF, ha così commentato: “Il 50% delle SM caps in Spagna non è coperto da alcuna ricerca, e circa il 35% in Germania..”. Bisogna continuare a credere nella ricerca, l’unbundling dei costi di MiFid 2 ha stressato un circolo vizioso già in atto: se non si può addebitare il costo sui clienti, allora nessuno scrive più sulle PMI, riducendo tout court il # delle ricerche prodotte, e creando un gap informativo considerevole.
La view dei Gestori – Sostanzialmente i gestori presenti erano concordi nell’asserire che per un long-only che entra in un titolo appassionandosi alla storia per un periodo medio lungo, l’impatto sul P&L del costo della ricerca è ininfluente.
“MiFID 2 si è posta obiettivi di grande impatto e al tempo stesso molto sfidanti”, sostiene Cristina Catania, partner di McKinsey & Company, in conversazione con FocusRisparmio. “Solo per l’effettiva entrata in vigore ci sono voluti diversi anni di lavoro. È indubbio che la direttiva, così come viene applicata oggi, possa beneficiare di alcune correzioni e semplificazioni, tese principalmente a diminuire gli oneri amministrativi e di compliance che l’industria sta affrontando, sia a livello di fabbrica prodotto che di rete distributiva. Tuttavia, non parlerei di riforma tout court della direttiva, quanto di possibili aggiornamenti su selezionati ambiti”, spiega l’esperta della società di consulenza.
Perplessità e fronti aperti della direttiva
Le perplessità su MiFID 2 riguardano i benefici concreti della regolamentazione, il cui effetto immeditato è stato per l’industria molto tenue. Di conseguenza, secondo gli scettici, nemmeno i vantaggi per i clienti sono stati tangibili.
Le associazioni di settore stanno portando avanti un’intensa attività di lobbying a Bruxelles affinché la direttiva venga sottoposta a una revisione. Particolarmente attiva su questo fronte sarebbe la BVI (l’Assogestioni tedesca, ndr) che ha messo sotto la lente alcune tecnicalità della normativa riguardanti i costi e la diffusione dei dati di mercato, regole di protezione dell’investitore e ricerca sulle piccole e medie società.
L’opinione generale è che MiFID 2 abbia portato e porterà a una contrazione dei margini per gli operatori dell’industria, sia lato produzione prodotti che lato distribuzione. È davvero così? In merito alle rendicontazioni ai clienti, ad esempio, in questi due anni si è detto e letto tutto e il contrario di tutto, ma come sempre nella vita la verità sta nel mezzo.
Catania di McKinsey rimarca che a livello europeo, la contrazione dei margini prevista a seguito dell’introduzione di MiFID è stata parzialmente mitigata dalla performance positiva dei mercati, che ha consentito agli asset manager di recuperare profittabilità. “Ma gli effetti sono stati differenti a seconda dei Paesi, anche perché in alcuni di questi, tra cui Regno Unito e Olanda, i principali cambiamenti erano già stati introdotti da regolamentazioni locali”, precisa la manager. In Italia, abbiamo assistito a una diminuzione dei margini intorno al 3-5%, come mostrato da una recente ricerca svolta da McKinsey in collaborazione con Anasf: un valore inferiore rispetto alle aspettative iniziali degli operatori dell’industria.
Maurizio Bufi, presidente Anasf – l’associazione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede – ribadisce a FocusRisparmio il suo giudizio su una direttiva il cui impatto è stato “parziale, interlocutorio”.
Se da un lato, sostiene Bufi, le norme entrate in vigore due anni or sono hanno rafforzato la centralità del professionista nella relazione con il risparmiatore, dall’altro “ha imposto delle regole di comportamento più stringenti secondo una logica a mio avviso troppo dirigista”.
Gli impatti sugli asset manager – La maggiore trasparenza sui costi di ricerca, imposta da MiFID 2, sta inducendo i grandi asset manager a ridurre del 20-30% le spese di ricerca e a reindirizzare parte di queste su provider specializzati, con l’obiettivo di generare alpha.
Nonostante gli asset manager di grandi dimensioni abbiano mostrato tassi di crescita delle masse superiori alla media, a livello globale la frammentazione dell’industria è aumentata, spinta da operatori a scala minore (10-100 miliardi di masse gestite) che hanno saputo differenziarsi con un’offerta di prodotti più sofisticata.
Un altro cambiamento significativo sul fronte dell’offerta riguarda lo spostamento della proposizione commerciale verso prodotti premium, come per esempio fondi chiusi o con sottostanti asset illiquidi per i quali le case di gestione forniscono un più alto valore aggiunto e quindi possono giustificare un costo più alto. Questo ha portato nel medio termine all’idea di rivedere i criteri di accesso ai prodotti come ad esempio i Fia (fondi d’investimento alternativi) riservati.
“MiFID II? Ha indotto effetti indesiderati, primo fra tutti l’aumento dei costi”, sostiene Nicola Ronchetti, fondatore e A.D. di FINER Finance Explorer, think tank e istituto di ricerca in ambito finanziario, che FocusRisparmio.com ha contattato per fare il punto della situazione sull’industria del risparmio e della consulenza finanziaria nel 2020.
La richiesta di riduzione delle fee di gestione da parte dei distributori alle Sgr terze, a fronte di un promesso aumento delle masse, è stato quasi totalmente disatteso. Addirittura in qualche caso si è assistito da parte di qualche distributore poco lungimirante a una vera e propria riffa dove l’unico elemento determinante pare sia stato il costo e non la qualità della gestione. Quando un’industria rincorre il prezzo più basso a prescindere dalla qualità del prodotto significa che sta covando in sé un germe pericolosissimo.
Un altro tema caldo è quello delle rendicontazioni, sul quale né le autorità nazionali, nè europee, si sono pronunciate, almeno ex ante, con schemi di template validi per tutti gli operatori dell’Unione. Il risultato è stato che gli obblighi di comunicazione in capo alle reti di vendita sono stati assolti quasi sempre in modo formale ma non sostanziale
MiFID II: entro luglio la revisione
Secondo il memo che Efama, l’associazione degli asset manager europei, ai vertici delle associazioni nazionali di categoria, ha inviato alle associate, la timeline della procedura – la cui attivazione sarà proposta dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis – prevede la pubblicazione della revisione del corpus normativo MiFID al più tardi entro luglio 2020, così da coincidere con l’inizio della presidenza tedesca del Consiglio dei ministri europei, assunta a rotazione da uno Stato membro ogni sei mesi.
L’associazione che raggruppa i maggiori asset manager europei ha già avviato l’iter per la raccolta delle risposte alla consultazione presso le Assogestioni europee, così da “garantire che le loro opinioni siano prese in considerazione”, commenta Efama nello statement.
Certamente MiFID II ha bisogno di correttivi che vadano a valorizzarne le logiche fondanti, cioè la corretta profilazione del cliente e la sua continua revisione in ragione del rapporto rischio rendimento, evitando l’eccesso di burocrazia e l’aumento dei costi i cui effetti vanno piuttosto invece nella direzione opposta.
Trattandosi di un impianto normativo relativamente giovane è normale ci siano margini di miglioramento: per il futuro è auspicabile un’ulteriore armonizzazione della reportistica per consentire una maggiore fruibilità e comparabilità a tutto vantaggio dell’investitore.