IRO, TRASPARENZA E STRUMENTI
INTEGRATED THINKING – INTEGRATED REPORTING – INTEGRATED COMMUNICATION
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Si aggiunge, come già sostanziato, un ulteriore elemento per la funzione IR che ha il compito di di rappresentare gli ESG con dati certi e protetti. Sicuramente si fa già, ma in questa importante e profonda evoluzione, anche la Comunicazione verso l’esterno sta cambiando valore e dovrà essere ancora più attenta.
La Dichiarazione Non Finanziaria, il Report Integrato e il Report di Sostenibilità si presentano non solo come strumento di comunicazione «olistica», a un’ampia platea di soggetti interessati, ma anche come occasione per migliorare la comprensione degli stessi ingranaggi dell’operare aziendale e delle necessarie osmosi tra impresa, stakeholder e ambiente di riferimento. (fonte: Ruoli di Corporate Governance, Patrizia Riva, 2° ed. 2023)
DNF – Bilancio di sostenibilità – Integrated Reporting – CSRD Corporate Sustainability Reporting Directive – CSDD Corporate Sustainability Due diligence Directive
La Sostenibilità rappresenta la direttrice prevalente cui risulta informata l’attività e la gestione d’impresa. La focalizzazione e quindi sulla sostenibilità in armonia, contemporaneamente, sia con aspetti di Governance, sia in una visione più ampia, con l’accountability della sostenibilità stessa (rendicontazione attraverso la comunicazione non finanziaria, opportunatamente integrata e modellizzata in «dichiarazione»).
CSRD e CSDDD – Corporate Sustainability Reporting Directive: la nuova direttiva che cambia lo scenario ESG
L’Unione europea, con il suo impegno per la neutralità climatica da raggiungere entro il 2050, l’arrivo delle misure strutturali legate all’Industrial Green Deal e la presentazione della roadmap per la Sustainable Finance da parte dell’EBA (European Banking Authority), l’Europa sta lavorando per la creazione di un sistema economico-finanziario sempre più sostenibile, volto a rendere le imprese consapevoli e responsabili del proprio impatto sul pianeta.
Nell’ambito del Green Deal Europeo si colloca l’approvazione e la pubblicazione, avvenuta un anno fa, il 16 dicembre 2022, sulla Gazzetta Ufficiale UE della Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). La CSRD va così a modificare la Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni.
Grandi imprese non quotate che alla data della chiusura del bilancio, anche su base consolidata, abbiano superato almeno due dei seguenti criteri dimensionali: a. 250 numero medio di dipendenti; b. € 20 milioni di stato patrimoniale; c. € 40 milioni di ricavi netti; d. piccole e medie imprese quotate (escluse le micro-imprese). Sono, inoltre, compresi gli istituti di credito di piccole dimensioni non complessi e le imprese di assicurazioni dipendenti da un Gruppo.
Gli Stati membri hanno l’obbligo di recepire la Direttiva entro 18 mesi a partire dalla sua pubblicazione. L’obiettivo principale della CSRD è di migliorare l’informativa di sostenibilità, andando così non solo ad equiparare la rilevanza dei risultati ESG con quelli riportati nel tradizionale bilancio civilistico, ma a riconoscerne la naturale connessione.
Principali Novità:
L’obbligo di Assurance
I report di sostenibilità saranno assoggettati alla “limited assurance”, nella prospettiva di raggiungere la “reasonable assurance” (ovvero quella tipica del bilancio economico-finanziario). La Direttiva prevede che la revisione del report di sostenibilità venga effettuata da un accreditato «statutory auditor».
La collocazione dell’informativa di sostenibilità
Le imprese dovranno includere l’informativa di sostenibilità all’interno della Relazione sulla Gestione e non in un documento a sé stante, al fine di garantire una maggiore integrazione tra informazioni di carattere finanziario e non.
Un unico standard di rendicontazione
Per garantire una maggiore comparabilità tra le disclosure, le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di rendicontazione ESRS (European Sustainability Reporting Standard), il cui sviluppo è demandato all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). Per le PMI saranno introdotti degli standard specifici, in modo da tener conto delle loro esigenze e caratteristiche.
Il 31 luglio 2023 la Commissione Europea ha adottato il primo set di ESRS, ossia gli standard applicativi che consentiranno alle imprese di adempiere agli obblighi di reporting previsti dalla nuova CSRD. Gli standard sono stati concepiti per essere altamente interoperabili con i GRI Standards, coerenti con le raccomandazioni del TCFD (Task Force on Climate Related Financial Disclosures) del Financial Stability Board, e rifletteranno gli obblighi informativi emanati dalla EU Green Taxonomy e dalla Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD).
La doppia materialità
Un sustainability matter è materiale per l’impresa quando soddisfa i criteri definiti per la materialità dell’impatto o per la materialità finanziaria o per entrambe: le imprese dovranno fornire informazioni di sostenibilità sia in merito all’impatto delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente (approccio inside-out), sia riguardo al modo in cui i fattori di sostenibilità incidono su di esse e sui loro risultati (approccio outside-in).
L’inserimento dei rischi ESG all’interno dell’ERM
Per rispondere alla natura mutevole dei rischi a cui sono esposte e al crescente interesse degli investitori riguardo alle implicazioni finanziarie che ne derivano, le imprese saranno tenute a considerare, all’interno del modello per la gestione dei rischi (ERM – Enterprise Risk Management), quelli legati al clima e ad altre questioni ambientali, come la perdita di biodiversità e alle problematiche sanitarie e sociali, compreso il lavoro minorile e forzato.
CSDDD – CORPORATE SUSTAINABILITY DUE DILIGENCE DIRECTIVE: LA DIRETTIVA EUROPEA SULLA SOSTENIBILITÀ AZIENDALE (DUE DILIGENCE) È UNO STRUMENTO CRUCIALE PER LA TRANSIZIONE
L’integrazione degli aspetti ESG lungo la Value Chain
Le imprese, nel rendicontare l’informativa di sostenibilità, dovranno considerare non soltanto il perimetro di riferimento del bilancio ma includere anche le informazioni sugli impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità connesse all’intera catena del valore a monte (upstream) e a valle (downstream), quali risultanti delle attività di due diligence.
A livello europeo è in corso di approvazione una nuova Direttiva che, se approvata nella sua attuale formulazione, rappresenta “un vero e proprio game-changer nel modo in cui le imprese esercitano la propria attività attraverso l’intera supply chain globale” (Commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders). La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) mira, infatti, a proteggere i diritti umani e gli impatti ambientali, generati dalle aziende europee lungo l’intera catena del valore, generando un impatto significativo anche sui paesi extra-EU in cui le imprese operano attraverso le loro filiere.
Nella sua attuale formulazione, la Direttiva richiede agli investitori europei (e non) di svolgere le attività due diligence non solo sulle aziende in cui essi investono, ma, indirettamente, anche sui fornitori e sui clienti di queste ultime. Potrà, infatti, essere richiesto alle imprese di rendere conto delle loro politiche e azioni relative alla sostenibilità e alla responsabilità sociale, si potranno richiedere informazioni dettagliate sulle catene del valore globali e sulle misure di due diligence adottate per mitigare gli impatti negativi. Dovranno essere integrati criteri di valutazione ESG nelle proprie decisioni di investimento incoraggiando una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale delle imprese e indirizzando i flussi di capitale verso una corretta transizione. Il diretto coinvolgimento degli investitori è la leva per spingere le imprese a migliorare le proprie prestazioni ambientali e sociali e a rendere pubbliche le informazioni relative alla sostenibilità.
Cosa richiede la Corporate Sustainability Due Diligence Directive di preciso alle aziende?
Al fine di adempiere all’obbligo di due diligence aziendale, alle imprese europee viene richiesto di adottare una serie di misure che consentiranno di dimostrare il proprio impegno per la responsabilità sociale e ambientale e il rispetto dei diritti umani nel loro operato. Di seguito, le principali attività richieste:
1. Integrare le politiche aziendali
La Direttiva richiede che le politiche aziendali prevedano lo svolgimento di attività di due diligence, garantendo che esse siano parte integrante delle decisioni aziendali e strategiche.
2.Identificare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente
Le imprese sono chiamate a condurre un’analisi e una valutazione accurata (due diligence) per individuare gli impatti negativi – effettivi o potenziali – delle proprie attività, lungo tutta la catena di fornitura. Questo garantirà il rispetto delle convenzioni internazionali, ad oggi in essere, volte alla protezione sia dei diritti umani che dell’ambiente.
3.Prevenire o mitigare gli impatti negativi potenziali
Sulla base dei risultati delle attività di due diligence, le imprese sono te\nute ad adottare misure preventive o mitigative per ridurre al minimo gli impatti negativi delle proprie attività. Tali misure dovranno essere adeguate sulla base della gravità, della probabilità di accadimento, della priorità e delle misure disponibili all’azienda dei diversi impatti.
Come si deve preparare l’IRO in termine di disclosure?
Raccogliere le informazioni rispetto all’intera filiera, raccolta sia esogena che endogena; collegamento sull’intera filiera, anche per chi contrattualizza e viene contrattualizzato.
Includere il BoD – Il Board deve essere informato sugli sviluppi, sulle attività ESG non solo al momento della lettura della Relazione di bilancio annuale. Si rende necessario costruire un processo continuativo per raggiungere gli obiettivi che l’azienda si è prefissata, ed un monitoraggio ancora più attento.